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Roberto Calasso, Adelphi, editore, scrittore
Roberto Calasso

È senz’altro pensabile che lo splendore della vita circondi chiunque, e sempre nella sua intera pienezza, accessibile ma velato, nel profondo, invisibile, molto lontano. Però esso sta lì, non ostile, non riluttante, non sordo. Se lo si chiama con la parola giusta, con il nome giusto, allora viene.
da Lo splendore velato

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All’inizio si parlava di libri unici. Adelphi non aveva ancora trovato il suo nome. C’erano solo pochi dati sicuri: l’edizione critica di Nietzsche, che bastava da sola a orientare tutto il resto. E poi una collana di Classici, impostata su criteri non poco ambiziosi: fare bene quello che in precedenza era stato fatto meno bene e fare per la prima volta quello che prima era stato ignorato. Sarebbero stati stampati da Mardersteig, come anche il Nietzsche. Allora ci sembrava normale, quasi doveroso. Oggi sarebbe inconcepibile (costi decuplicati, ecc.). Ci piaceva che quei libri fossero affidati all’ultimo dei grandi stampatori classici. Ma ancora di più ci piaceva che quel maestro della tipografia avesse lavorato a lungo con Kurt Wolff, l’editore di Kafka.

Per Bazlen, che aveva una velocità mentale come non ho più incontrato, l’edizione critica di Nietzsche era quasi una giusta ovvietà. Da che cosa si sarebbe potuto cominciare altrimenti? In Italia dominava ancora una cultura dove l’epiteto irrazionale implicava la più severa condanna. E capostipite di ogni irrazionale non poteva che essere Nietzsche. Per il resto, sotto l’etichetta di quell’incongrua parola, disutile al pensiero, si trovava di tutto. E si trovava anche una vasta parte dell’essenziale. Che spesso non aveva ancora accesso all’editoria italiana, anche e soprattutto per via di quel marchio infamante.

In letteratura l’irrazionale amava congiungersi con il decadente, altro termine di deprecazione senza appello. Non solo certi autori, ma certi generi erano condannati in linea di principio. A distanza di qualche decennio può far sorridere e suscitare incredulità, ma chi ha buona memoria ricorda che il fantastico in sé era considerato sospetto e torbido. Già da questo si capirà che l’idea di avere al numero 1 della Biblioteca Adelphi un romanzo come L’altra parte di Kubin, esempio di fantastico allo stato chimicamente puro, poteva anche suonare provocatorio. Tanto più se aggravato dalla vicinanza, al numero 3 della collana, di un altro romanzo fantastico: il Manoscritto trovato a Saragozza di Jan Potocki (e non importava se in questo caso si trattava di un libro che, guardando alle date, avrebbe potuto essere considerato un classico).

Quando Bazlen mi parlò per la prima volta di quella nuova casa editrice che sarebbe stata Adelphi – posso dire il giorno e il luogo, perché era il mio ventunesimo compleanno, maggio 1962, nella villa di Ernst Bernhard a Bracciano, dove Bazlen e Ljuba Blumenthal erano ospiti per qualche giorno –, evidentemente accennò subito all’edizione critica di Nietzsche e alla futura collana dei Classici. E si rallegrava di entrambe. Ma ciò che più gli premeva erano gli altri libri che la nuova casa editrice avrebbe pubblicato: quelli che talvolta Bazlen aveva scoperto da anni e anni e non era mai riuscito a far passare presso i vari editori italiani con i quali aveva collaborato, da Bompiani fino a Einaudi. Di che cosa si trattava? A rigore, poteva trattarsi di qualsiasi cosa.
da L’impronta dell’editore

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 Tutto procedeva ad alta velocità, per impulso della febbre digitale, quando un giorno dell’anno 2020 un virus fra molti altri ha cominciato a scardinare i congegni della macchina sociale, inducendo quella morte per soffocazione a cui comunque ciò che respirava soltanto dentro la società si sarebbe avvicinato, come in un avvelenamento progressivo.
da L’innominabile attuale (postilla edizione 2020)

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“Faremo solo libri che ci piacciono molto.”

“…la sensazione di navigare su acque che nessuno riusciva a prevedere.”
Da Bobi

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“E questa idea di uno scritto che nasce da un altro scritto, lo rielabora, gli aggiunge qualcosa che prima non c’era, mi sembrava qualcosa da seguire.”
Da Memè Scianca

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Fin dalla fondazione, Calasso è stato una delle figuri decisive di Adelphi, diventandone nel 1971 direttore editoriale e nel 1990 consigliere delegato. Dal 1999 era anche presidente della casa editrice. Per la sua casa editrice è stato traduttore e curatore di Il racconto del Pellegrino (1966), Ecce homo di Friedrich Nietzsche (1969), Detti e contraddetti di Karl Kraus (1972) e Aforismi di Zürau di Franz Kafka (2004).
A partire dall’inizio degli anni Ottanta Calasso si è dedicato a un’opera in varie parti, un monumentale work in progress, con cui ha rielaborato, tra saggistica e narrativa, materie molto diverse e strettamente connesse fra loro, mentre nessuna è assegnabile a un genere canonico. Di questa impresa editoriale sono stati pubblicati undici volumi, che formano un insieme di oltre quattromila pagine: La rovina di Kasch (1983); Ka (1996); Le nozze di Cadmo e Armonia (1998); K. (2002); Il rosa Tiepolo (2006); La Folie Baudelaire (2008); L’ardore (2010); Il cacciatore celeste (2016); L’innominabile attuale (2017); Il libro di tutti i libri (2019); La tavoletta dei destini (2020).
Calasso ha pubblicato, inoltre, L’impuro folle (1974), i saggi I quarantanove gradini (1991), La letteratura e gli dèi (2001), La follia che viene dalle Ninfe (2005) e la raccolta di risvolti Cento lettere a uno sconosciuto (2003). I suoi libri sono tradotti in 25 lingue e pubblicati in 28 paesi.
Figlio del giurista Francesco Calasso e di Melisenda Codignola, a sua volta figlia del pedagogista Ernesto Codignola, e fratello minore del regista Gian Pietro Calasso, Roberto Calasso frequentò il liceo classico Torquato Tasso di Roma e, successivamente, si laureò in letteratura inglese con Mario Praz discutendo una tesi dal titolo I geroglifici di Sir Thomas Browne. Nel 1962 prese parte alla fondazione di Adelphi, di cui era proprietario come azionista del 71% del capitale. L’editore e scrittore era sposato con la scrittrice Fleur Jaeggy.
Roberto Calasso ne 2000 è stato visiting professor for European Comparative Literature per la cattedra Weidenfeld presso l’Università di Oxford, dove ha tenuto le Weidenfeld Humanitas Lectures, poi raccolte l’anno successivo in La letteratura e gli dèi, volume per il quale ha ricevuto il premio speciale Viareggio-Rèpaci e il premio Bagutta. Per Le nozze di Cadmo e Armonia, pubblicato in 22 paesi, ha ricevuto nel 1991 il premio europeo Charles Veillon per la saggistica e il Prix du meilleur ivre etranger, mentre nel 2012 è stato insignito del Prix Chateaubriand per La Folie Baudelaire. Per l’insieme della sua opera ha ricevuto nel 1996, a Vienna, l’Europäischer LiteraturPreis, il Warburg Preis nel 2007 e il premio Formentor de las Letras nel 2016. Come editore è stato insignito del Reconocimiento al Mérito Editorial alla Fiera internazionale del libro de Guadalajara nel 2004 e il premio Gogol’ nel 2011.
Nel 1993 Calasso è stato eletto Literary Lion a New York; nel 2000 è stato nominato Foreign Honorary Member della American Academy of Arts and Sciences; nel 2007 in Francia è stato insignito dei titoli di Commandeur de l’Ordre des Arts et des Lettres e di Chevalier de la Légion d’Honneur. Nel 2013 l’Università degli Studi di Perugia gli ha conferito la laurea magistrale honoris causa in Lingue e letterature moderne. Nel 2015 è stato nominato Foreign Honorary Member della American Academy of Arts and Letters.

 

vedi pure:
- approfondimento di Oblique Studio su Adelphi
- Roberto Bazlen è obliquo

 

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