Alcìde Pierantozzi
L’Uomo e il suo amore
Rizzoli, 2008
L’Uomo e il suo amore ti prende e ti porta lontano. Ti prende per il vigore di una vicenda che cresce su di sé con un secondo romanzo all’interno del romanzo stesso, sul tema del divenire, ammesso che qui le cose divengano davvero. Ambientato in un’Albania che può benissimo essere l’Italia, con tre donne intorno a Eugenio, ventenne che vuole decodificare il mondo con gli strumenti che la filosofia gli mette in mano, il libro si piega sulle loro vite, i loro incontri crudi ed estatici e un reticolo di personaggi che amano, sognano, agiscono e si disperano in un crescendo lacerante. C’è Mila, l’amante, che vive insieme ai misteriosi fratellini in una casa fatiscente e senza genitori. C’è Siddharta, la prostituta, che a furia di conservare in bocca i soldi dei clienti ha il volto sfigurato da un indelebile herpes. E poi c’è Maria, una spiazzante ragazza handicappata per la quale Eugenio perde la testa provando a capire quella sua abitudine di girare attorno a un rettangolo di luce. È un libro che sa ricondurre con furibonda razionalità il lettore su un immenso interrogativo: cos’è l’amore nel rapporto con il mondo?
Leggi un estratto.
Hanno detto di L’Uomo e il suo amore
- Contiene pagine bellissime, cose bellissime. Con la convinzione che si sentirà molto parlare di questo autore.
Emanuele Severino
- Se scrivessi di questo “romanzo” di Alcide Pierantozzi (il che, appena ho tempo, farò), dovrei impegnarmi in un saggio complessissimo e molto semplice al contempo. Valga per ora, lapidaria, una constatazione impressionistica: giudico questo libro uno dei più importanti comparsi in Italia negli ultimi decenni - insieme a molti altri, sia chiaro, poiché la prosa italiana è a mio avviso in una fioritura quasi senza precedenti, e comunque l’opera del ventiduenne Alcide Pierantozzi si inscrive di forza nel mio pantheon personale. Se non si ha timore di una strutturazione che esonda i canoni della leggibilità lineare, L’uomo e il suo amore è una lettura indispensabile, che strappa dal presente e dall’alienazione, apre orizzonti ossigenanti, costringe prima a pensare e poi a non pensare più. Lo consiglio vivamente a chi ha l’ardire di non stare nel giochino di una retorica ormai surclassata da quella televisiva, ma dispone del coraggio di mettersi fuori gioco attraverso la letteratura.
Giuseppe Genna
-
Orazio Labbate, Intervista ad Alcide Pierantozzi: uno scrittore pro-morte, letteratu.it, 6 ottobre 2011
- Nessun dubbio che siamo di fronte a uno dei migliori talenti che la nostra letteratura è in grado di proporci, e non tanto per come sa scrivere (anzi penso che ci siano altri che sappiano farlo meglio), ma quanto per i contenuti e per la complessità intellettuale di grande intelligenza e rara profondità.
blog.libero.it, 6 novembre 2008
- Un’opera non certo facile, ma in grado di dis-orientare e rivitalizzare anche chi è frequentatore letterario abituale ed esperto.
Maria Teresa Rosini, ilquotidiano.it, 3 agosto 2008
- Il romanzo ti porta via perché sa ricondurre con furibonda razionalità il lettore sui territori di alcuni interrogativi archetipici dell’uomo – l’essenza dell’essere e il rapporto con il mondo – con la creatività e il piacere di una scrittura calibrata tra lirismo descrittivo e coraggio di entrare a testa bassa nel mondo stesso che descrive.
Andrea Turetta, freeartnews.forumfree.it, 29 aprile 2008
I pezzi completi
- Orazio Labbate, Intervista ad Alcide Pierantozzi: uno scrittore pro-morte, letteratu.it, 6 ottobre 2011;
- blog.libero.it, 6 novembre 2008;
- Maria Teresa Rosini, ilquotidiano.it, 3 agosto 2008;
- Andrea Turetta, freeartnews.forumfree.it, 29 aprile 2008.
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