Dorothea Dieckmann
Guantanamo
Voland

La letteratura può risvegliare l’immaginazione.
Nato ad Amburgo da padre indiano e madre tedesca, Rashid vuole andare in India a incontrare una parte di famiglia che non ha mai conosciuto, ma si ritrova nel posto sbagliato al momento sbagliato. Arrestato dalla polizia pakistana e consegnato agli americani, viene trasferito a Guantanamo dove inizia la sua vita di prigioniero. Realtà e allucinazione, dolore paura e incubo: tutto si fonde in questo romanzo coraggioso che senza inutile pathos racconta di un’esperienza inumana e assurda.
“In ginocchio, con le membra e la testa legate, canticchia e non se ne accorge. Il viaggio termina, tra gli scossoni. È l’ultimo aereo. È aggrappato a corde traballanti, lacci di gomma attorno al petto e al ventre, freddo glaciale, pelle bagnata, buio frastornante, sorde vibrazioni di motori, piscio tra le gambe, rollii, penombra, congelamento. L’atterraggio. Fragore, sbuffi, scombussolamenti, brontolio nella pancia vuota, stretta alla gola, gli tolgono le cuffie dalle orecchie e il sacco bagnato e fetido dalla testa. è vivo, è sveglio, ma non ha più le mani, non ha più i piedi. Cade. Lo trascinano da una parte, è investito da luce e calore, un esercito sul campo, tiratori scelti, carri armati, camion militari, lo spingono, la testa sbattuta contro l’asfalto. L’accoglienza, gli attaccano pinze al braccio, le parole urlate, senza volto, un rap martellante, go-go-go, shut up, down ya’ head, ovunque scarpe sull’asfalto, sandali sformati, catene di metallo, borse, ciabatte da mare, caviglie scorticate dalle catene, scarpe di tela sporche e consunte, stivali color sabbia con le punte arrotondate. Il viaggio. Le catene ai piedi tintinnano contro le sbarre d’alluminio lucenti, odore di carburante, corpi bagnati sulle barelle, un silenzio profondo sovrasta il rombo di motori, un silenzio sepolcrale. Il mare. Una distesa sfolgorante dietro la nave, eyes down. Dondolio nella stiva immersa nella penombra, odore di piscio e carburante, poi di nuovo la luce abbagliante, don’t talk, get up, look down, tra le sbarre di ferro riappare il luccichio verde, il mare, un sogno che s’infrange, frantumato, il mare alle spalle. È arrivato.”
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Rassegna stampa
Intervista di Oblique
L’autrice
Nata nel 1957 a Freiburg dove ha studiato letteratura e filosofia, Dorothea Dieckmann si occupa di narrativa, saggistica e critica letteraria. Nel 1990 ha ottenuto l’Hamburger Literaturpreis per la novella Die schwere und die leichte Liebe e nel 1996 le è stato conferito il premio della città di Marburg. Tra le sue opere: Wie Engel erscheinen (1994), Belice im Männerland – Eine wahre Geschichte (1997), Damen & Herren (2002). Guantanamo, pubblicato in Germania nel 2004, è stato tradotto in inglese e pubblicato nel mese di agosto 2007 negli Stati Uniti.
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