El Lissitzky
In me deve sorgere di nuovo un enigma.
Non appartengo agli uccelli che cantano per cantare.
All’anagrafe viene registrato come Eliezer (Lazar) Markovič Lisickij ma sceglie di chiamarsi El, un tributo alle proprie origini ebraiche, rivelando quell’inclinazione che lo porterà a occuparsi del folclore ebraico e delle sue immagini.
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“Appare opportuno ricordare però che El Lissitzky (1890-1941), uno dei grandi protagonisti del movimento costruttivista russo, definì sé stesso un ingegnere, mentre oggi appare più come un peculiare tipo di artista, visionario prefiguratore di forme che poi altri avrebbero sottoposto ai vincoli delle procedure tecniche e scientifiche.”
Giovanni Lussu, treccani.it (voce Design della comunicazione)
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Il padre, ebreo aperto alla cultura occidentale, cercò di convincere sua moglie a lasciare la Russia per gli Stati Uniti ma lei rifiutò su consiglio di un rabbino. E così El nasce in Russia, a Počinok, il 23 novembre del 1890. Fin da piccolo mostra talento nel disegno: a tredici anni riceve le prime lezioni di pittura e a quindici è lui stesso a iniziare a insegnare.
Bravo in matematica e incuriosito dalle arti applicate, fa domanda per l’accademia d’arte di San Pietroburgo ma viene respinto perché ebreo. Nel 1909 parte per la Germania, e a Darmstadt può finalmente intraprendere gli studi di architettura. Nel 1914 si laurea in Ingegneria dell’architettura. Durante gli studi viaggia molto: visita la Francia, il Belgio e l’Italia, dove copre più di 1200 chilometri a piedi fermandosi di volta in volta per tracciare qualche disegno. Del viaggio in Italia restano alcuni scorci di Pisa e Ravenna, un Sole volante che richiama Balla, un bozzetto di scenografia per La nave di D’Annunzio.
Nell’estate del 1914, in seguito allo scoppio della Prima guerra mondiale, torna in Russia e si iscrive al Riga Polytechnical Institute dove nel 1918 consegue la sua seconda laurea in Ingegneria e architettura. Nel periodo 1915-16 lavora in vari studi di architettura di Mosca e San Pietroburgo. Contemporaneamente si dedica all’illustrazione di libri per l’infanzia insieme a un altro visionario d’eccezione, Marc Chagall. Nel 1919 viene invitato proprio da Chagall a Vitebsk per la cattedra di Architettura e arti visive del Vitebsk Popular Art Institute. A sua volta El invita Kazimir Malevič, pioniere dell’astrattismo geometrico e ideatore dell’avanguardia artistica nota col nome di suprematismo. Ispirato da Malevič e spinto dalla propria vocazione alla rottura degli schemi, El si getta a capofitto in esperimenti architettonici fino a inventare nel 1920 una personale forma di arte astratta, che chiama “proun” (proekt utverzhdenia novogo; progetto per l’affermazione del nuovo).
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Era d’ingegno sfavillante e movimenti vivaci, magro, piuttosto piccolo, a suo modo quasi un damerino, ma serio.
Era d’uno sfrenato impulso inventivo, e persino quando si trovava con gli altri doveva sempre fare qualcosa: fotografare, disegnare, scrivere… Il suo spirito giovanile non voleva svolgere la realtà trovata: egli voleva inventarne una nuova. Voleva qualcosa d’altro, che sbocciasse soltanto dal presente e appartenesse soltanto a questo… Persino il nuovo non era abbastanza nuovo per lui. Tutte le sue opere,
favole della ventura epoca tecnica, visionarie anticipazioni di forme nuove, apoteosi dell’ingegneria, hanno l’irripetibile incanto dell’esperimento rivoluzionario.
Jan Tschichold, 1965
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Il compasso tenuto aperto nella mano destra è tra le figure più ricorrenti delle sue opere, ma anche dei lavori su commissione. Lo si vede anche nel manifesto pubblicitario per la Pelikan. Nonostante la frustrazione per il lavoro pubblicitario che rubava tempo alla propria crescita artistica, questo periodo consente a Lissitzky di padroneggiare al meglio gli strumenti per la progettazione tipografica, alla quale si dedicherà ampiamente negli anni successivi.
Negli anni Venti la Germania di Weimar inizia a manifestare una prima deriva antisemita. Ma El non avrà mai problemi per il nuovo clima politico: in Germania, dove è tornato nel dicembre del 1921 stabilendosi a Berlino, si sente a casa come in Russia e inoltre parla fluentemente il tedesco. La disinvoltura con cui vive la pluralità linguistica e culturale è la stessa con cui vive e coltiva i propri interessi artistici. Dopo le illustrazioni per l’infanzia continua a disegnare, e progetta sale espositive, layout grafici per riviste e manifesti sia pubblicitari sia di propaganda sovietica.
Per El Lissitzy l’arte visiva non è superiore all’architettura, semmai è il suo punto d’innesco, il supporto per un dialogo costante che invade tutto il quotidiano. Non a caso i proun sono definiti come “stazioni di transito dalla pittura all’architettura sulla via costruttiva della nuova configurazione”. Le illustrazioni non sono quindi riduzioni della realtà a figure piane, ma la messa a fuoco dell’origine geometrica di tutte le cose e un modello che avrebbe dovuto realizzarsi in progetti architettonici: “Il proun comincia dalla superficie, procede verso la costruzione di modelli spaziali e quindi verso la costruzione di tutti gli oggetti della vita comune. In questo modo il proun oltrepassa il dipinto e il suo artista da una parte, e dall’altra la macchina e l’ingegnere, e cammina verso la costruzione dello spazio, lo articola attraverso gli elementi di tutte le dimensioni e costruisce una nuova multilaterale, ma organica forma della nostra natura”.
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1. Le parole del foglio stampato vengono guardate, non udite… […]; 3. Economia dell’espressione: ottica invece che fonetica.
4. La configurazione dello spazio del libro per mezzo del materiale compositivo secondo le leggi della meccanica tipografica deve corrispondere alle tensioni di trazione e di pressione del contenuto…
8. Il foglio stampato supera spazio e tempo. Il foglio stampato, l’infinità dei libri, devono essere superati. L’elettrobiblioteca.
Tratto da Topografia della tipografia, Merz, 1925
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Influenzato e a sua volta partecipe di varie avanguardie – dadaismo, cubismo, costruttivismo, suprematismo –, El sembra però insofferente all’adesione esclusiva a una di esse e più propenso ad assorbire solo gli spunti funzionali allo sviluppo di una nuova riflessione sull’arte e la società.
Nelle copertine opta spesso per la commistione di varie font e stili, una scelta che lascia intravedere la suggestione per quella frammentazione dell’immagine di matrice dadaista che è il collage, che Lissitzky fa propria grazie all’amicizia con l’artista tedesco Kurt Schwitters iniziata nel 1922 a Berlino, fino al rientro in Russia nel 1925. La scelta tipografica viene ispirata da uno sperimentalismo mai caotico: forme e colori sono governati da un rigore che tende all’essenziale.
In questi anni colleziona i primi estimatori: tra questi c’è Jan Tschichold, altro padre della tipografia moderna, il quale, giovanissimo, promuove il principio di funzionalità dalle pagine di De Stijl, la rivista che accoglie le teorie del movimento omonimo (noto anche come neoplasticismo) destinato dal 1917 a inaugurare un nuovo gusto. Dal 1922 El entra a far parte del gruppo influenzando con i suoi proun Theo van Doesburg, il fondatore di De Stijl.
El Lissitzky è stato nelle prime file del Vchutemas, il corrispettivo russo del Bauhaus. Centro di sperimentazione e innovazione tecnica nell’educazione dell’arte, con sede a Mosca e attivo soprattutto negli anni Venti, l’istituto ha costituito il cuore dell’avanguardia costruttivista. Sulla scia di Malevič e Tatlin, El orienta l’arte puntando a un unico obiettivo: contribuire in concreto alla fondazione di un nuovo modello di società sovietica – quella auspicata da Lenin – dall’organizzazione della vita in comune fino alla progettazione di oggetti quotidiani.
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Dall’inizio della Rivoluzione d’ottobre Lissitzky è membro della commissione artistica, ha disegnato la prima bandiera sovietica, elabora e completa i proun e le illustrazioni per i libri destinati al pubblico ebreo.
Nel 1921 viene nominato ambasciatore russo della cultura nella Germania della Repubblica di Weimar: nella Berlino di quegli anni, culla di settantasette tendenze artistiche diverse, El è in perfetta sintonia e coglie nuovi spunti. Fonda la rivista Veshch, un periodico trilingue (russo, tedesco e francese) che ha l’obiettivo di mettere in contatto artisti russi e europei, auspicando uno scambio tra i vari centri culturali allora in fermento.
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Tra i conflitti mondiali Lissitzky prosegue il suo lavoro nella pubblicità e nei manifesti a scopo propagandistico per l’Unione Sovietica. È del 1940 la famosa copertina della rivista Sssr na stroike (“l’Urss in costruzione”) con il bacio tra un soldato e un contadino, metafora dell’unione tra Ucraina e Bielorussia, auspicata dal regime sovietico.
Nell’ultima fase della sua vita, oltre a occuparsi di grafica per nuovi progetti editoriali, si dedica alla progettazione di spazi espositivi, lavorando in particolare ai padiglioni d’arte sovietica per svariate mostre internazionali e al Landesmuseum di Hannover.
La tubercolosi, che lo aveva costretto in passato a lunghi periodi di cura in centri specializzati, soprattutto in Svizzera, nel 1941 lo costringe ormai a letto. Da qui progetta l’ultimo manifesto, in chiave antinazista, per la propaganda sovietica. Mentre Hitler prosegue l’invasione della Russia iniziata sei mesi prima, El Lissitzky si spegne a Mosca il 30 dicembre del 1941.
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