Percival Everett
Non Sono Sidney Poitier
Oggi non sono in me.
Los Angeles, 1968. Nato dopo due anni di gravidanza isterica da una madre, la signora Poitier, non proprio sanissima di mente e che a memoria d’uomo non aveva avuto rapporti con l’altro sesso, Non Sono Sidney Poitier – sì, si chiama proprio così – porta già nello strampalato nome il segno del suo disadattamento e della sua diversità. Non Sono Sidney, pur somigliando come una goccia d’acqua fin dalla nascita al noto attore americano, e pur assomigliandogli sempre di più con il passare degli anni, non ha niente a che fare con lui, anzi quella sovrapponibilità sarà la sua croce, il perpetuarsi di un passaggio obbligato ogni volta che gli chiederanno chi è, fatto di parossistici distinguo e precisazioni che scateneranno il più delle volte l’effetto contrario: “E tu chi sei?”. “Non Sono Sidney”. “Ok, ma allora chi sei?”. “Te l’ho detto. Non Sono Sidney”. “Perché qualcuno ti ha detto che sei Sidney?”. “Non hai capito: Non Sono Sidney”.
La scalcinata e taccagna madre passa a miglior vita quando Non Sono Sidney ha undici anni, ma non prima di aver effettuato un lungimirante investimento nell’allora sconosciuta Turner Broadcasting System. In pochi anni, il giovane diventa così ricco che lo stesso Ted Turner decide di prenderlo sotto la sua custodia a Atlanta. Ma è la straordinaria somiglianza con Poitier e la vasta gradazione dei razzismi subiti ad animare l’odissea di Sidney, un divertentissimo tour de force costruito ripercorrendo le trame dei più famosi film dell’attore americano. Deciso per noia a dare una sterzata alla sua vita, Non Sono Sidney si compra l’ingresso al college dove farà il fatale incontro con il professor Percival Everett, docente di Filosofia dell’assurdo, e si fidanzerà con Maggie Larkin, anche lei nera, seppur meno nera di lui (memorabile il rifacimento della scena clou di Indovina chi viene a cena). Ma sarà il desiderio di tornare alle origini – con un rovesciamento dell’idea di romanzo di formazione che fa di Non Sono Sidney un giovane Holden un po’ Uomo invisibile nelle picaresche vicende di Don Chisciotte – che lo porterà a essere accusato dell’omicidio di un uomo identico a lui.
Questo non è un romanzo di denuncia o contro il sistema, è una dura presa di posizione contro il vizio tipicamente occidentale di definire qualcuno per ciò che non è, ignorando che è proprio ciò che si è il dilemma che innesca la vita.
Ero in guerra contro i mulini a vento.
Ero un cacciatore di balene.
Io, Non Sono Sidney Poitier.
Biografia del libro
Non Sono Sidney Poitier cela dietro una storia divertentissima un’acuminata disamina dei temi cari all’autore: l’identità, l’autoreferenzialità, la cultura americana, i cliché. “L’idea del libro è scaturita dalla mia passione per la più semplice delle asserzioni della logica, il principio di identità, e dalla constatazione che niente può essere identico a sé stesso. Questo è il presupposto, poi naturalmente c’è la mia esperienza di nero in America, il mio chiedermi come diavolo sia possibile che i bianchi mi scambino in continuazione per qualcun altro con la pelle nera, quando l’unico tratto che abbiamo in comune è, più o meno, il colore della pelle”. Il gioco di somiglianze e ambivalenze ha un intento preciso: “Ho scelto Sidney Poitier perché è alto, scurissimo, parla e si presenta bene: è il simbolo stesso della dignità nera. Ma sebbene negli anni Sessanta Poitier sia certamente stato una star del cinema, non si può certo dire che egli rappresentasse l’esperienza nera, se mai ne sia esistita una; Poitier non è stato altro che il mezzo per soddisfare la necessità di avere una faccia nera sullo schermo”.
Everett non vuole che questo libro sia considerato l’ennesimo affresco dell’America postrazziale perché, ritiene, “parole come ‘postrazziale’ non dovrebbero esistere. Il solo fatto di usarle imprime una marcata connotazione razziale”.
Selezione stampa
“Un uomo a pezzi di Michael Thomas e Non Sono Sidney Poitier di Percival Everett raccontano da angolazioni molto diverse il permanere di una “questione razziale”negli Stati Uniti.”
Guido Caldiron, Liberazione, 9 gennaio 2011
“[…] un romanzo surreale, parossistico, eppure così lineare nel suo allucinato sviluppo. […] Un Everett altamente ispirato nelle sue corde ironicamente più taglienti, che trasporta, grazie a dialoghi e monologhi esilaranti, il lettore verso strade sempre più apparentemente assurde, ma che nascondono invece le possibili risposte alla domanda che ogni giorno ci facciamo Chi sono io?”
Alex Pietrogiacomi, Mucchio, gennaio 2011
“Un romanzo di formazione insieme picaresco e postmoderno, che attraverso la scrittura affilata di un autore ormai di culto riflette sul senso più profondo dell’identità e sull’orizzonte di un Paese che, sotto lo stendardo della libertà, continua a fare prigionieri.”
Flavia Vadrucci, Animals, novembre 2010
“[…] una riflessione abrasiva sulla società e sulle etichette in cui la vita ci racchiude e dalle quali tentiamo ininterrottamente di affrancarci.”
Teo Lorini, Blow-up., novembre 2010
“Un romanzo che ci ricorda come sia necessario continuare a sfidare i mulini a vento.”
Àlen Loreti, bookavenue.it, 27 ottobre 2010
“Al di là della viscerale simpatia che si instaura con il protagonista nel leggere il libro, Non Sono Sidney Poitier è più una seria meditazione sulle esigenze del sé che una parodia di un’America ormai fuori dai binari.”
Roberto Russo, booksblog.it, 18 ottobre 2010
“Un Everett altamente ispirato nelle sue corde ironicamente più taglienti, che trasporta […] il lettore verso strade sempre più apparentemente assurde, ma che nascondono invece le possibili risposte alla domanda che ogni giorno ci facciamo: «Chi sono io?».”
Alex Pietrogiacomi, lankelot.eu, 17 ottobre 2010
“[…] autore arguto, spiazzante, avanguardista di riferimento nella scena letteraria americana.”
Christian Frascella, Ttl, 16 ottobre 2010
“[…] meraviglioso romanzo […]”
Laird Hunt, Internazionale (The Believer), 7 ottobre 2010
“[…] graffiante romanzo […] dal finale rocambolesco.”
Benedetta Marietti, Gq, ottobre 2010
“Ogni avventura […] è avvolta da risate borderline […]. Questo non è un libro solo divertente, ma qualcosa di più.”
Alessandro Beretta, Rolling Stone, ottobre 2010
“[…] questo romanzo non è solo un romanzo comico, ma anche una negazione radicale e violenta dell’immaginario razzista contemporaneo.”
Sara Antonelli, l’Unità, 28 settembre 2010
“Percival Everett […] sa che ognuno di noi è quello che non riesce a dire e che forse non si può dire. Sa che ogni volta che diciamo io si sentono stridere e scricchiolare gli specchi, sa che l’identità, per restare identità, deve essere movimento, attrito, tremore, perfino tornado, e sa che la letteratura è un meraviglioso strumento che ci siamo inventati per inventarci una forma e un senso […]. Sa che noi, nessuno escluso, Non Siamo Sidney Poitier.”
Giorgio Vasta, la Repubblica, 25 settembre 2010
“[…] un romanzo di denuncia o contro il sistema, […] una dura presa di posizione contro il vizio tipicamente occidentale di definire qualcuno per ciò che non è, ignorando che è proprio ciò che si è il dilemma che innesca la vita.”
Red., affaritaliani.it, 23 settembre 2010
“[…] un irresistibile divertissement sul tema dell’identità.”
Marta Cervino, Marie Claire, ottobre 2010
“Percival Everett può scrivere qualsiasi cosa è la prima frase che viene alla mente, dopo aver lettoNon Sono Sidney Poitier. La seconda è che qualsiasi cosa scriverà, sarà notevole. La terza è che dopo aver letto un suo romanzo si vuole leggerli tutti.”
Tiziano Gianotti, D di Repubblica, 11 settembre 2010
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